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Primo giorno di esami

Così anche per loro è arrivato il primo giorno di esami. Dodici banchi, ognuno con un vocabolario e un borsellino, le mani sudate ed impacciate a rigirare una penna che, probabilmente, smetterà di funzionare proprio a metà compito. Dodici sguardi acerbi che trasmettono le sensazioni di dodici cuori impazienti, ansiosi e un po’ intimoriti da questa prima vera prova scolastica.

Gli esami andrebbero aboliti, dicono in molti, ma io non sono d’accordo. 

Certo la modalità andrebbe rivista e snellita, dovrebbe esserci più spazio per l’espressivitá, che a questa età vede i ragazzi particolarmente propositivi e geniali, immaginando di riconoscere dignità ed importanza non solo al testo scritto. Ci sono svariate forme in cui potersi esprimere e proprio durante i tre anni di scuola media molti ragazzi ne scoprono alcune , magari svelando talenti che svilupperanno nel tempo.

Dovremmo, agli esami, farli disegnare, dipingere, cantare, suonare, recitare, correre, realizzare un messaggio multimediale, o un video, sulle tante cose viste, sentite e sperimentate in questi tre densi e decisivi anni della loro vita. Dovremmo chiedergli di raccontarci questi anni, attraverso le loro foto, i loro ricordi, gli oggetti costruiti insieme, l’equilibrio del loro corpo in un gioco di squadra o un percorso ad ostacoli, ma anche la fatica di non essere sempre all’altezza di ciò che noi adulti chiediamo loro, le piccole o grandi disfatte del percorso, il desiderio di capire chi in fondo essi siano.

Perché è un’età difficile, ma bella, quella che li vede entrare nelle nostre aule ancora bambini, assiste all’esplosione dei loro corpi e dei loro cuori, all’aggrumarsi e sciogliersi di paure, speranze, dubbi, certezze, alla scoperta del bello che c’è dentro le cose che poi però ci lasciano sempre, inevitabilmente, un po’ insoddisfatti.

Per questo l’esame di terza media rimane una tappa importante. Insostituibile. Perché in fondo testimonia e documenta questo magnifico e difficile percorso, della loro libertà e del continuo confronto con la nostra, del loro desiderio di esserci, di riconoscersi, di scoprire chi sono e cosa vogliono dalla vita, di immaginarsi il mondo che sarà, prima che lo scetticismo dominante li avvolga e li convinca. Impacciati e fragili ma anche schietti e sinceri, con il cantiere delle sovrastrutture ancora in fase di montaggio.

Li guardo, mentre consegno loro per l’ultima volta la traccia per un tema, come ho fatto ogni venerdì degli ultimi tre anni, e li abbraccio come posso, con lo sguardo. Mentre li sento già un po’ andare via.